Se internet annulla le distanze mettendoci in connessione con il mondo, c’è un’altra modalità per stabilire relazioni con persone di ogni nazionalità. Relazioni che rappresentano una vera ricchezza, non solo dal punto di vista umano ma anche lavorativo. È così che vede lo stage Marco Barbero. Laureato in Economia e Commercio all’Università degli studi di Torino nel 2005, Marco oggi lavora come Global Revenue Senior Manager alla Luigi Lavazza S.p.A.. Nonostante il periodo all’estero non gli sia valso per la scelta della carriera professionale da intraprendere, crede fermamente abbia rappresentato un must a livello motivazionale e una formidabile spinta in termini di apertura mentale e di predisposizione al confronto.
Ecco cosa ci ha raccontato.
Buongiorno Marco, grazie per la sua testimonianza. A quando risale il tirocinio all’estero?
Certo, è trascorso un po’ di tempo: sono partito immediatamente dopo aver terminato l’università.
Ci può descrivere la sua esperienza? Dove ha svolto lo stage?
Sono stato quattro mesi a Bucarest presso la Chamber of Commerce and Industry of Romania e otto mesi a Bruxelles, all’Unioncamere Piemonte, ufficio di rappresentanza presso l’Unione Europea. In Romania mi sono occupato di fornire assistenza alle aziende italiane operanti in quel Paese; in Belgio principalmente di facilitare l’accesso delle aziende piemontese a bandi e fondi europei.
Perché ha deciso di fare questa esperienza?
Non avendo partecipato all’Erasmus durante gli studi, mi premeva fare un’esperienza all’estero.
Quali sono stati gli aspetti migliori dello stage? Ha riscontrato delle difficoltà durante il percorso?
È stata un’esperienza estremamente interessante e formativa dal punto di vista personale che, da un lato, ha richiesto flessibilità e spirito di adattamento, dall’altro mi ha arricchito consentendomi di sviluppare rapporti e contatti che coltivo ancora oggi. Non è stato facile adattarmi alla realtà rumena, visto che ero l’unico straniero in un contesto molto particolare (era il 2006), ma dopo le difficoltà iniziali sono stato abbondantemente ripagato da un’esperienza di valore inestimabile.
Flessibilità, spirito di adattamento… ha citato diverse soft skills. Le competenze professionali e quelle trasversali acquisite durante lo stage le sono servite per entrare nel mondo del lavoro?
Il fatto di avere sul curriculum un’esperienza all’estero ha certamente facilitato il mio ingresso nel mondo del lavoro. E, sicuramente, le soft skills maturate durante lo stage mi sono tornate utili. Quanto alle competenze professionali, avendo poi intrapreso un percorso completamente diverso, non posso dire di essere riuscito a spenderle nel contesto di lavoro ma, certamente, ritengo abbiano contribuito ad allargare i miei orizzonti.
Quindi, il tirocinio non ha influito sulle scelte professionali…
No, una volta rientrato in Italia ho cambiato completamente ambito.
Secondo lei, per svolgere la sua professione, fare un tirocinio all’estero è importante?
Sì, direi che un’esperienza all’estero, di qualsiasi natura, è essenziale. Cambiare contesto implica uno sforzo di adattamento che influisce sia in termini di predisposizione al problem solving sia di relazioni umane.
Cosa consiglierebbe a chi è in procinto di svolgere un tirocinio all’estero?
Di cercare di cogliere il meglio non solo dal punto di vista professionale, ma anche personale. Di essere curiosi, flessibili, aperti. Di sviluppare e mantenere i contatti. Di non abbattersi di fronte ad eventuali difficoltà, ma di cercare di divertirsi.
Grazie Marco per il tempo che ci hai dedicato!