Spesso nei nostri articoli abbiamo evidenziato l’importanza di svolgere periodi di formazione all’estero al fine di ottenere competenze tecniche spendibili nel mondo del lavoro. Uno dei vantaggi principali dello stage all’estero non è però quantificabile nella scala delle competenze e consiste nella possibilità di toccare con mano l’“identità europea”, la radice comune che ci permette di riconoscere un substrato familiare nonostante si entri in contatto con mondi distanti. E se questo aspetto è fondamentale a prescindere per un cittadino europeo, diventa del tutto indispensabile quando si sceglie di muovere i primi passi nel campo del giornalismo.

Ne parla Andrea Gerli, Giornalista e Conduttore Rai News 24 e Docente presso la Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia.

 

Ciao Andrea, benvenuto su Stage4eu… ci racconti di cosa ti occupi?

Sono giornalista e lavoro a Rainews24. Mi occupo di Esteri, sono nel coordinamento della mia redazione e faccio il conduttore. A volte sostituisco i corrispondenti nelle sedi estere della Rai.

 

Durante la tua formazione hai svolto periodi all’estero?

Sono stato in Spagna in Erasmus. Era il 2005, sei mesi a Valencia. Studiavo filosofia a Perugia. Mi ha portato lì lo studio ma, inutile negarlo, anche una ragazza spagnola. È stata l’esperienza più ricca, bella, coinvolgente e travolgente della mia vita. Entrare d’improvviso in un mondo diverso, imparare una nuova lingua e nuove abitudini per poi scoprire, con il passare degli anni, che quel mondo è diventato ormai parte di te. Non solo: più passa il tempo, più giro il mondo e più capisco che c’è un qualcosa di più forte. C’è un’identità EUROPEA che diamo per scontata ma che in realtà è alla base del nostro modo di ragionare. Il mio piatto forte è la paella, io sono anche i luoghi in cui ho vissuto. Non tutti: ma Valencia, la Spagna, l’Europa sono casa mia tanto quanto la città in cui sono nato. Ho viaggiato e lavorato in estremo oriente, medio oriente, nord e sud America. Più viaggio e più mi rendo conto di quanto sia profonda questa radice comune europea. Diritti, tolleranza, consapevolezza: vedere quanto sono diversi gli “altri mondi” dal nostro mi fa capire quanto profonde siano le cose che abbiamo in comune tra noi europei.

 

Quali sono le abilità principali che un periodo di formazione all’estero ti fornisce, secondo la tua esperienza di giornalista?

Fondamentali le capacità di entrare in relazione con il diverso, con persone che non parlano la tua lingua. Aiutano a rompere il muro delle nostre incertezze e a tirare fuori il meglio di noi stessi. Il mio lavoro mi porta spesso all’estero e mi trovo a dover portare sempre e comunque un servizio a casa. Anche se mi trovo in un posto sconosciuto, dove nessuno parla la mia lingua. La formazione all’estero aiuta a far questo: agire fuori dagli schemi tradizionali (e rassicuranti), facendo affidamento solo su se stessi.

 

Quali sono le caratteristiche che una risorsa junior deve avere per lavorare nel tuo settore?

Direi anzitutto la curiosità, alla base del mio mestiere, poi la conoscenza delle lingue e la passione.

 

Quali sono i paesi europei nei quali consiglieresti di svolgere un periodo di formazione perché all’avanguardia nel giornalismo?

Non c’è un paese all’avanguardia in tal senso. Può esserci un paese più formativo. Vedere da vicino quello che sta accadendo nei paesi dell’Est Europa, con tutti i paradossi che comporta e la lesione di alcuni presupposti dello stato di diritto (come la libertà di stampa), direi che è fondamentale.

 

Quanto ritieni debba durare, in linea di massima, un’esperienza all’estero perché comporti una crescita?

Almeno sei mesi, meglio se un anno.

 

Quali sono le soft skills che in genere presenta un candidato che ha svolto periodi di formazione all’estero? Quali di queste sono fondamentali nella tua quotidianità lavorativa?

Capacità di adattamento, capacità di relazionarsi agli estranei e volontà di entrare in contatto, cercare un dialogo. Non riuscire a comunicare adeguatamente e non riuscire a far comunicare, nel mio settore, sarebbe nefasto.

 

Quale consiglio daresti a un giovane che vuole cominciare a lavorare nel giornalismo?

Bella domanda. Il mio è un campo difficile ormai, in trasformazione. Non ci sono più certezze. Anzi: l’unica certezza è che non è un lavoro con cui si può facilmente vivere e che difficilmente riesce, di questi tempi, a rispondere adeguatamente alle aspettative. Se proprio si vuole fare il giornalista è fondamentale, dal punto di vista formale, cercare di diventare professionista. Ma non basta: ci vuole passione, tenacia e soprattutto la capacità di inventarsi nuovi e accattivanti modi di raccontare la realtà.

 

Chiudiamo con una domanda leggera per salutarci… qual è l’oggetto che non manca mai nella tua valigia quando viaggi per lavoro?

Il caricabatterie del cellulare! Purtroppo.